REPRESSIONE IN EUROPA: LE RIFLESSIONI DI SAMI, ULTRAS DEL PSG
Il “sogno” della Super Lega, ormai lo sappiamo, è stato momentaneamente accantonato, regalandoci 48 ore di dibattito tra chi sosteneva l’iniziativa e chi, invece, celebrava un de profundis del calcio fuori tempo massimo. Diciamolo chiaro e tondo: quella tra gli organi di governo del calcio mondiale e club scissionisti non è e non sarà mai la nostra battaglia. Certo, il progetto di una competizione ultra-elitista avrebbe sancito un ulteriore passo in avanti verso la trasformazione del nostro amato pallone in un prodotto senz’anima dell’industria dello spettacolo. Ma si sarebbe trattato, appunto, dell’ennesima tappa di un processo iniziato da almeno trent’anni – tra repressione, trasferte vietate, caro-biglietti e pay-tv – che ci vuole sempre meno tifosi (figurarsi ultras!) e sempre più consumatori (possibilmente docili, meglio ancora se dal divano di casa). Tale fenomeno è tutt’altro recente e ancor meno unicamente nostrano e, mentre istituzioni e grandi club provano a rifarsi una verginità sulle pelle dei tifosi, pubblichiamo la testimonianza e le riflessioni di Sami Battikh, ormai ex-ultras del PSG che ci segue dalla Francia, in seguito al DASPO che l’ha colpito nel 2010.
Il mio DASPO è stato annullato, ma il PSG mi disgusta (28/03/2012)
Sono un tifoso del PSG da quasi vent’anni: dodici anni di abbonamento nel settore Auteuil e più di 300 partite al Parc des Princes. Tuttavia, se il Montpellier potesse vincere il titolo davanti ai parigini, sarei il primo ad esserne felice. Da due anni a questa parte, non posso più amare il PSG, non lo sopporto. Il tifoso cerca qualcosa di diverso dallo squadrone con i giocatori più forti su piazza, vuole poter vivere una passione irrazionale ed eccessiva, esprimere il suo entusiasmo indipendentemente dai risultati. Questo modo di vivere il calcio non è più possibile al PSG. La dirigenza del club, con l’aiuto della prefettura e del ministero dell’interno, ha epurato il Parc des Princes dai suoi tifosi e li ha sostituiti con degli spettatori.
Il mio DASPO è stato annullato un anno e mezzo dopo i fatti
A mo’ di promemoria: nell’estate del 2010, il PSG ha vietato gli abbonamenti nelle due tribune popolari del Parc des Princes. La collocazione in queste tribune diventa casuale per evitare qualsiasi raggruppamento, le associazioni di tifosi sono sciolte, molte trasferte sono vietate. Durante la prima partita della stagione 2010/2011, ero alla Porte d’Auteuil per manifestare contro questo piano del presidente Robin Leproux, chiamato “Tous PSG”. Sono stato arrestato dalla polizia, ho passato parte della notte in caserma e mi è stato comminato un DASPO di quattro mesi. Non c’è stato un solo episodio di violenza. Più di un anno e mezzo dopo i fatti, il tribunale amministrativo ha appena ribaltato la sanzione. Questa decisione è arrivata troppo tardi. Sono dovuto andare alla stazione di polizia due volte ogni sera per ogni partita del PSG (in casa, in trasferta e in qualsiasi competizione), come quasi 250 altri tifosi parigini. Se non l’avessi fatto, avrei rischiato una multa di 3.750 euro e un anno di carcere.
La logica del presunto colpevole ha funzionato perfettamente
La nostra innocenza è stata appena riconosciuta, ma la logica del presunto colpevole ha funzionato perfettamente: questi DASPO, provvedimenti amministrativi e non giudiziari, sono riusciti ad impedire ad alcuni degli ex abbonati di protestare. La loro reputazione è stata macchiata tra i loro familiari e questi divieti sono serviti a legittimare la mano dura della prefettura e del PSG. Si tratta di una politica di sicurezza performativa. Ovviamente, l’annullamento dei nostri DASPO ha ricevuto pochissima copertura da parte della stampa, a differenza dei divieti iniziali. Ovviamente, il Ministero dell’Interno, la prefettura e il PSG considerano ancora questo strumento come la migliore arma contro gli ex abbonati. Pochi giorni dopo la cancellazione dei nostri DASPO, una nuova raffica di divieti d’emergenza ha colpito decine di ex abbonati venuti a protestare al Camp des Loges [campo d’allenamento del PSG, NdT]. Ciò ha segnato la fine dell’associazione “Libertà per gli abbonati” (LPA), che ha appena annunciato il suo auto-scioglimento. Questa struttura, creata nel 2010, ha cercato di aprire un dialogo con la direzione del PSG. Ma nei suoi due anni di esistenza, questa associazione, che contava diverse centinaia di membri, non è mai stata considerata come un interlocutore dal club.
Queste procedure di emergenza delle forze dell’ordine non fanno reagire nessuno
Ancora una volta, questi divieti saranno senza dubbio ribaltati dalla corte. Ma, ancora una volta, persone innocenti subiranno un DASPO. È solo calcio, quindi non c’è nulla di cui allarmarsi. In ogni caso, nulla che preoccupi l’opposizione o disturbi il sindaco di Parigi. Solo che, per me, queste pratiche rivelano le derive preoccupanti della nostra società. Non hanno nulla da invidiare alle dittature arabe che i nostri leader politici hanno presentato fino alle rivoluzioni come modelli di democrazia. La prefettura usa procedure di applicazione della legge di emergenza per attuare la politica liberticida del governo. Un meccanismo inarrestabile per i manifestanti che potrebbe benissimo essere esteso ad altri campi oltre allo sport.
La repressione ha scoraggiato i manifestanti
Il giorno dopo la nostra manifestazione nell’agosto 2010, Brice Hortefeux, allora ministro dell’Interno, ha chiesto che tutti gli arrestati fossero banditi dallo stadio. Senza un’indagine. La prefettura ha acconsentito senza battere ciglio. Soffocando le ex associazioni di tifosi e con la ferma repressione di tutti i manifestanti, il PSG, la prefettura e il Ministero dell’Interno sono riusciti nel loro colpo: la maggior parte degli ex abbonati ha ormai perso la speranza di ritrovare la propria passione. Coloro i quali erano ancora motivati a portare avanti la battaglia sono stati costretti a farlo nella clandestinità. La frustrazione e la brutalità delle misure spingerà alcuni di loro ad azioni sempre meno pacifiche e sempre più disperate. Non ho dubbi che queste azioni di qualche decina di persone saranno perfettamente strumentalizzate dal PSG e dalle autorità pubbliche per giustificare la loro linea dura nei confronti di più di 20.000 ex abbonati.
I tifosi violenti e razzisti non sono stati colpiti
Queste misure liberticide non hanno punito i 200 tifosi più violenti e/o razzisti che erano presenti al Parc des Princes prima del dramma PSG/OM nel 2010 [dei violenti scontri hanno preceduto PSG – Marsiglia nel 2010, portando alla morte dell’ultras parigino Yann Lorence, NdT]. Nessuno di loro è stato colpito dalle recenti misure restrittive. Queste persone non facevano ufficialmente parte di alcun gruppo e continuano a vivere in clandestinità – seppur note alla polizia. Non sono meno violenti, non sono meno razzisti. La società non è migliore per questo. È solo che quando il PSG gioca al Parc, questi problemi non sono più visibili. La morte di Yann Lorence negli scontri tra tifosi non è l’unica ragione di questa politica repressiva. Il club è in totale rottura con l’idea di un calcio popolare, ha voluto rompere una contro-cultura che è diventata un contro-potere, inquietante per il PSG e le autorità pubbliche.
Sradicamento della cultura ultras
Nel giro di pochi anni, i manager che si sono succeduti hanno sradicato la cultura ultras. Dall’hip-hop underground al punk oi!, Auteuil era sede di un raro microcosmo culturale. I diversi gruppi erano finanziariamente autonomi, rifiutando di ricevere qualsiasi sovvenzione dal club o dallo stato e sopravvivendo autofinanziandosi grazie alle iscrizioni e alle varie attività. Organizzavano concerti, tornei di calcio, feste e trasmettevano i propri media. I vari gruppi di Auteuil non sono mai stati politicizzati nel senso originale della parola. Ma attraverso la loro autonomia, gli ultras hanno sviluppato uno stile di vita chiaramente politico e altamente sovversivo. Quando un movimento ha migliaia di membri, questa controcultura diventa rapidamente un contropotere, disturbando la direzione del club e le autorità pubbliche.
Il rifiuto dei media, della cultura dominante e del pensiero unico, il gusto della provocazione e la sfida alle forze dell’ordine sono tutte caratteristiche che ritroviamo tra gli ultras di Tunisia ed Egitto, coloro che hanno contribuito in parte alla radicalizzazione della primavera araba.
Le classi lavoratrici non hanno più un posto in tribuna
La pulizia “alla Kärcher” [nota azienda tedesca che opera nel settore della costruzione di elettroutensili per la pulizia industriale, NdT] degli ultras parigini fa anche parte dell’obiettivo di “sterilizzare” gli stadi in vista di Euro 2016 in Francia. Per nascondere la scomparsa dell’atmosfera, la direzione del PSG cerca di animare artificialmente il Parc des Princes in un modo patetico che rivela a tutti la rottura del club con l’idea di calcio popolare. Applica anche il modello inglese aumentando il prezzo dei biglietti. L’ultima partita della stagione al Parc non sarà accessibile a meno di 35 euro, nel settore Auteuil. Qualche anno fa, il mio abbonamento in questa stessa tribuna costava 90 euro per 18 partite di campionato. Sono sicuro che questo fenomeno diventerà più pronunciato se i milioni investiti porteranno a più titoli. Il trasferimento del club allo Stade de France nel 2013, durante la ristrutturazione del Parc des Princes, sarà il culmine di questa trasformazione del PSG. Un club “bling-bling” in uno stadio senz’anima, costruito per mettersi in mostra.